Exit: cos’è, come guadagnarci e i casi di successo

L’exit permette un guadagno a chi ha investito in una startup o, più in generale, in una società. Come avviene l’exit? Quando conviene effettuarla e quali sono i casi di successo?

 

Exit strategy, cosa vuol dire?

L’exit è un termine traducibile in italiano con disinvestimento, e si verifica quando l’investitore vende la propria quota societaria uscendo, di fatto, dall’investimento. Viene da sé che una exit avviene principalmente perché si produce un ROI, un ritorno di investimento, cospicuo. È fondamentale quindi che una exit di successo, per essere tale, accada con un moltiplicatore importante, anche per ripagare le eventuali perdite che si sono prodotte nel proprio portafoglio finanziario in un contesto di diversificazione.

In linea di massima l’exit può essere ritenuta l’obiettivo ultimo di una startup, in un’ottica finanziaria, proprio perché permette da parte dell’investitore la riscossione degli investimenti. Una startup che arriva alla fase della exit non muore affatto anzi, si può dire che con l’uscita degli investitori entra nella sua fase adulta, matura.

Quando una startup innovativa ha completato il suo ciclo, evolve in una condizione che viene definita scaleup. Questo termine indica una società innovativa che è riuscita a sviluppare e definire in modo chiaro il proprio prodotto o il proprio servizio, grazie ad una modello di business che ha rivelato di essere scalabile e ripetibile. La exit di una startup è quindi parte integrante del business plan, perché permette di fissare gli obiettivi successivi all’uscita degli investitori.
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Quando e perché conviene attuare una strategia di exit?

Che si tratti di business angel, di fondi di investimento o, come nel caso dell’equity crowdfunding, anche di investitori privati, bisogna sapere quando attuare la strategia di uscita così da massimizzare il ritorno dell’investimento attraverso i finanziamenti impegnati in una startup.

Quando è perché conviene attuare una exit? Di seguito si danno differenti tempistiche e ragioni che possono determinare l’uscita da un investimento:

  • le prospettive di ritorno economico sono floride, e magari dovute all’interesse dimostrato da parte di una azienda più grande
  • la crescita della azienda può ricevere un nuovo slancio, non solo economico diventando una impresa a tutti gli effetti
  • realizzare una business venture nel caso in cui gli obiettivi fissati nel business plan siano stati raggiunti
  • chiusura della attività, che non ha performato secondo gli obiettivi del business plan
  • riduzione della propria quota di partecipazione, perché si ha intenzione destinare il capitale di rischio in altre possibilità di investimento oggi presenti o perché si vuole cedere l’eventuale controllo dell’azienda
  • vendere l’azienda che si trova in una condizione di fallimento, così da ridurre le perdite
  • per tutela degli investitori, che sanno di essere protetti dalla strategia programmata del business plan, con un potenziale ritorno d’investimento nel breve o nel medio periodo.

 

In che modo può avvenire l’exit di una startup?

La messa a punto di una exit deve avvenire all’interno del business plan, perché comporta la necessità di valutare il potenziale complessivo di una startup, i suoi scenari di ipotetico sviluppo sia nel senso del guadagno sia in una eventuale perdita.

Le tipologie di exit possono essere:

    • bancarotta, perché una società può risolvere una situazione negativa con il fallimento e la chiusura. Moltissime startup fanno incontro a questo destino. Fondamentale la ripetibilità del business model e il soddisfacimento dei clienti, o degli utenti. Si chiude una attività si si coprono una parte dei debiti, o tutti, con la liquidazione dei beni
    • acquisizione diretta delle quote, tra le modalità più diffuse di disinvestimento. Che sia un’altra impresa, o un nuovo socio, l’importante è vendere le proprie quote ad un prezzo che sia riflesso delle reali condizioni dell’azienda. Con le nuove acquisizioni si possono ottenere maggioranza d’azioni, ad esempio, oppure impiegare in modo più performante il know how dell’attività
    • fusione aziendale, che rispetto all’acquisizione si distingue per la creazione di un nuovo soggetto giuridico. Spesso viene adottata per fondere il meglio delle due aziende
    • IPO, initial public offering oppure offerta pubblica iniziale, che consiste nella quotazione dell’azienda sul mercato azionario
    • acqui-hires, termine che fonde acquisition e hires, ovvero acquisizione e assunzione. Non viene venduta la società, ma gli elementi che ne hanno permesso l’identità e la crescita. Il team di lavoro, o il comparto produttivo, sono acquisiti da un’azienda terza.

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Quanto si può guadagnare in una exit?

A titolo puramente esemplificativo, si pensi ad un business angel che abbia investito 1 milione di euro in una startup, assicurandosi ad esempio il 25% della quota di proprietà.

In caso positivo di exit, in seguito al perfezionamento della vendita per un importo pari a 15 milioni di euro, ecco che un quarto di questa somma spetta all’investitore. Si tratta di 3,75 milioni di euro: un ritorno di investimento notevole.

Si tenga poi conto di come le grandi acquisizioni, in un contesto di exit strategy e attraverso fondi di venture capital, possono arrivare alla movimentazione anche di miliardi di dollari. Di qui, l’importanza della pianificazione della exit nel business plan.

 

Exit startup: casi di successo

L’exit di una startup rappresenta, quindi, un passaggio imprescindibile verso la maturità dell’azienda stessa, come si accennava si accennava. Ma questa strategia quali riscontri ha su un piano concreto? In realtà molte. Sul mercato internazionale basti pensare alla acquisizione di Twitch da parte di Google, o l’acquisizione di Whatsapp da parte di Meta, ex Facebook.

E in Italia? Fortunatamente il mercato nostrano abbonda di esempi. Nel 2021, tra le exit di startup italiane degne di nota si possono indicare:

  • MyFoody, una startup nata nel 2015 con lo scopo di combattere gli sprechi alimentari. Si tratta della prima startup italiana operante per la sostenibilità alimentare. In estrema sintesi, dà agli utenti la possibilità di sapere quali prodotti, nei supermercati, siano in scadenza. Così da poterli acquistare in sconto. È stata acquisita da Phenix
  • Keyless è una startup che si occupa di cybersecurity. Ha realizzato una tecnologia per l’abilitazione del riconoscimento biometrico dei dipendenti. In questo modo è possibile attivare i propri account senza l’uso di una password, quindi in modalità passwordless. L’acquisizione è stata fatta da Sift, società attiva nell’ambito digital trust % safety
  • AdvisorEat è un’app che permette ai propri iscritti, altospendenti, di poter mangiare in selezionati ristoranti. Attraverso un reward program, gli iscritti possono riscattare delle gift card o fare donazioni.

 

Un esempio internazionale

Passando dal mercato italiano a quello internazionale, un esempio di exit strategy è dato da Runtastic, l’applicazione per il tracking della propria attività fisica. Nel 2015 aveva più 70 milioni di utenti che avevano effettuato la registrazione, per una quota di download pari a 140 milioni.

Proprio nel 2015 la Adidas acquista la quota di maggioranza detenuta dal fondatore di Runtastic, per un investimento complessivo di 220 milioni di euro. Da allora, Runtastic è parte integrante delle applicazioni dell’ecosistema Adidas.
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